FAV VARIANTE LIMONE.

FAV VARIANTE LIMONE.

A grande richiesta, torna in libreria una nuova edizione de “L’uomo di Marketing e la variante limone” di Walter Fontana. Come per i detersivi, disponibile in tre nuove varianti di copertina!

Da lafeltrinelli.it

Una pietra miliare della satira aziendale ritorna in libreria con una nuova prefazione dell’autore. «La rete informatica collega migliaia di utenti, ci sono milioni di documenti disponibili, e tra miliardi di parole, una sola è rivolta a lui in quel momento. La prima parola della nona riga. Pirla.»
Era il 1995, i fax squittivano, i telefonini incuriosivano, Internet si poteva appena presagire. Walter Fontana la presagì. Intuì inoltre, tra i pochissimi, il logorio incipiente di quell’incanto che dal decennio prima aveva avvolto la pubblicità, le merci, la creatività, l’aspirazione a un lusso insensato. Decise di compierne una specie di indagine etnologica, con la competenza dei suoi anni di lavoro nel settore e con la potenza espressiva dell’umorismo, sperimentata in cabaret, teatro e televisione. Il libro che ne è uscito è un’alternanza di riunioni animate (“Bisogna stressare anche il discorso detersivo”), dialoghi serrati (“Per motivi contabili, preferirei pagare i toast con carta di credito e i cetriolini cash. Problems?”), soprusi sbrigativi (“Dovete rifare tutto, comunque complimenti, comunque dovete rifare tutto”) e parentesi di riflessione (“L’azienda è un luogo dove persone adulte subiscono traumi infantili”). Il libro fece ridere tutti i suoi lettori, ivi compresi uomini e donne di marketing. Questi ultimi, pur ridendone, poterono anche riconoscervi i propri magoni.

Da Il Mad Men che ci meritiamo (di Edoardo Vitale, Esquire).

Nel saggio Against creativity Oli Mould teorizza che il lavoro creativo è un’invenzione del capitalismo, che l’idea stessa di “creatività” si è quasi del tutto sovrapposta alla necessità di vendere merce. Il lavoro è frustrante, noioso, alienante, del tutto inutile, sottopagato e insopportabile, ma ehi, è un lavoro da creativi. In altre parole, è il Mad Men che ci meritiamo. L’uomo di marketing e la variante limone di Walter Fontana, romanzo di culto – pubblicato per la prima volta negli anni novanta e appena ristampato in una nuova edizione da Bompiani – a distanza di quasi trent’anni rimane uno dei più riusciti tentativi di raccontare il lavoro creativo e pubblicitario in Italia. La storia è quella della Hax Corporation, multinazionale del pulito che deve lanciare sul mercato la variante all’essenza di limone del suo detersivo per pavimenti “BelloBellissimo Lemon Lemon” e della Coprue & Partners, agenzia incaricata della campagna pubblicitaria per il suo lancio. Un’epopea infinita, fatta di astruse ricerche di mercato che portano ad ancor più astruse strategie di posizionamento, con i copywriter che si scervellano per riuscire a comunicare simultaneamente che il detersivo pulisce ma anche che sa di limone, la confezione a forma di cubo, di limone, di flacone, morbida, rigida, biodegradabile, i luminari di turno che si susseguono in un valzer di parcelle salatissime. Il risultato, in ogni caso, è sempre lo stesso: bravissimi, ma dovete rifare tutto. “Ci siamo staccati dalle alghe, ci siamo distinti dai rettili, abbiamo acquisito forma di mammifero, voluto il fuoco, lavorato i metalli, piegato la materia, usato la natura per arrivare a discutere sedici ore di un detersivo”. All’incirca nello stesso periodo in Francia uscì un altro romanzo di culto nel suo genere: Lire 26.900 di Frédéric Beigbeder. Sebbene la voce del protagonista di Beigbeder sia molto più corrosiva di quella dei personaggi di Fontana – a loro modo tanti piccoli inetti sveviani, uomini depressi e perduti nella loro inutile esistenza – la faccenda finisce sempre con un grande esaurimento nervoso, dalle conseguenze più o meno disastrose. “L’azienda è un luogo dove persone adulte subiscono continuamente traumi infantili“, sancisce Fontana. Quello che manca nel romanzo di Fontana, ovviamente, ed è un sollievo, è internet e i social. La digitalizzazione del marketing, la raccolta predatoria dei dati, il monitoraggio delle performance di ogni cosa, i reels, il formato stories, TikTok, l’instant marketing. Nel frattempo in Italia è aumentata la precarizzazione dei contratti, la svalutazione delle competenze e la frammentazione delle classi sociali. In una delle ricerche di mercato commissionate dalla Hax Corporations, si descrivono gli anni novanta come anni di consapevolezza, crisi economica e impegno sociale. Non sembra molto diverso da oggi, dalla nostra crisi perenne, sanitaria, climatica, identitaria, economica, con l’impegno sociale affidato ai brand e ai loro token di inclusività e la consapevolezza che viene diffusa dagli influencer in diretta social. Forse l’esaurimento è sempre la scelta più creativa.