FAV MACHINE.

L'intelligenza artificiale può battere l'uomo a GO, ma non lo batterà mai sulla cattiveria.

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Riccardo Luna scrive a proposito di ciò che di umano le macchine non avranno mai. E noi aggiungiamo: per fortuna. Perché per quanto evoluta, l’intelligenza artificiale non batterà mai l’uomo sulla sua cattiveria.
Sta facendo un grande scalpore il ritiro dalle scene di Lee SeDol. 36 anni, coreano, forse il più grande giocatore della storia di Go.
Go è un antico gioco di strategia cinese, simile per certi versi agli scacchi: è più semplice, come la dama, perché i pezzi sono solo di due tipi, bianco e nero; ma con molte più varianti. Per fare un esempio: alla prima mossa il giocatore di scacchi ha 20 possibilità, quello di Go 361, che via via aumentano. Insomma, se parliamo di Go è perché il campione dei campioni si è ritirato adducendo come ragione il fatto che “l’intelligenza artificiale non può essere battuta”. Ci ha messo tre anni a capirlo: la sfida con AlphaGo, il programma di intelligenza artificiale di Google, risale al 2016: Lee SeDol vinse un match e ne perse quattro. Da allora AlphaGo è ulteriormente migliorato al punto che il campione ora dice: se anche battessi tutti gli umani, non sarei comunque il più forte del mondo.C’è qualcosa di romantico in questa decisione, che va rispettato. E che ricorda quello che accadde nel 1997 al campione di scacchi Garry Kasparov quando venne battuto da DeepBlue, il computer della IBM. Anche Kasparov vacillò dopo quella sconfitta, e per un po’ disse che era colpa delle regole del match. Ma poi ha capito. Ha capito che dire che l’intelligenza artificiale non può essere battuta da un essere umano è una frase ad effetto ma che ci porta lontano dalla verità. Perché ci spaventa inutilmente. Se si tratta di fare calcoli esatti rapidamente, i computer saranno sempre superiori a noi umani. “Fare il paragone fra il campione di scacchi attuale, Magnus Carlsen e un sistema di intelligenza artificiale, è come paragonare Usain Bolt a una Ferrari”, ha detto Kasparov recentemente. Paragone perfetto. Perché poi la Ferrari ha bisogno di un essere umano che la guidi.
Anche se si tratta di imparare dai dati (il machine learning), oggi le macchine stanno dimostrando di saperlo fare egregiamente (gli algoritmi di Facebook e Netflix funzionano così per fare un esempio) al punto che si avvicina la profezia del giorno in cui supereranno la capacità di elaborazione del cervello umano (con il deep learning e le reti neurali).
Ma c’è qualcosa di esclusivamente umano in cui le macchine non vinceranno mai. Lo ha detto bene una professoressa della Cornell University a Kasparov: “Le macchine possono rispondere a tutte le domande del mondo, ma non sanno quelle che sono davvero importanti”.Un po’ come il bufalo e la locomotiva di una canzone di De Gregori. La locomotiva ha la strada segnata, noi no. E’ questo il fattore umano. Ed è per questo che l’intelligenza artificiale, usata bene, è una opportunità, non una minaccia.