FAV COVID.

YouMark ha chiesto ai copy italiani di convincerci che usciremo migliori da questa crisi. Questo è il pezzo di Sofia.

FAV COVID.

L’umanità oggi si trova ad un bivio: una via conduce alla disperazione, l’altra all’estinzione totale. Speriamo di avere la saggezza di scegliere bene. (Woody Allen)

Lavat i man. (ospite dell’Opera Pia casa di riposo Zanaboni di Voghera)

Per convincervi che usciremo migliori da questa crisi voglio mettere sul foglio bianco il cinismo di Woody Allen e il pragmatismo della signora che vedete nella foto, entrambi ci possono aiutare. Ovviamente nulla da eccepire anche sul Darwin pensiero (Non è la più forte delle specie che sopravvive, né la più intelligente, ma quella più reattiva ai cambiamenti.) ma ai tempi di Charles l’uomo non aveva ancora dimostrato appieno le sue potenzialità – chiamiamole così – di specie, voglio perciò affidarmi a menti più contemporanee, e ne hanno da insegnarci l’intellettuale newyorkese e la signora di Voghera (di Voghera come la casalinga di Alberto Arbasino; fra i tanti, tantissimi, questo virus si è portato via anche lui).

Entrambi ci dicono una cosa molto importante, forse la più importante di tutte, sul come uscire da questa crisi e tornare a rivedere la luce: dipende da noi.

Sappiamo che Woody il bicchiere dell’umanità lo vede sempre mezzo vuoto, solo l’ironia ci salverà, per nostra natura siamo fatti così, male, e niente potrà cambiarci; da quel che sembra invece la signora è più positivista, crede nel progresso della scienza, nella forza del sapone (anche nella sintesi!), con quel sorriso si capisce subito che non si dà per vinta, avrà i suoi anni ma crede nel futuro, per lei un passo alla volta e ne usciremo; e forse ha ragione, quando tutto è perduto credere in sé stessi, affidarsi anche solo a una soluzione pratica come lavarsi le mani, è il primo passo per farcela.

Magari per continuare ad esistere basta resistere, anche se non è facile.

La verità è che questo virus crudele, subdolo, invisibile (e purtroppo ancora invincibile) ci ha spiazzati. Non che la Spagnola e l’Asiatica avessero avvisato e dato il tempo di organizzarsi prima di arrivare e fossero state una passeggiata di salute, ma una volta l’uomo era più pronto a perdere, anche la vita, oggi è convinto che vincere, vivere, sia un suo diritto.

Il Coronavirus ha fermato il tempo, capovolto le nostre vite, ci ha rubato la libertà.

Un tiranno feroce che miete vittime, ma anche – e questo è ancora più spiazzante, accidenti a lui – un eroe. Ci ha dimostrato che non siamo immortali né onnipotenti, che il nostro pianeta non è solo nostro, che niente è per sempre, che il dolore è dolore qualunque età abbia, che c’è qualcosa di peggio che morire, morire da soli. Ci ha ricordato cose banali tanto quanto fondamentali che avevamo dimenticato: che quello dei medici e degli infermieri non è solo un mestiere, che la vita, la politica, anche se come scrive Baricco siamo umanità aumentata, non può essere solo postare foto e frasi a effetto.

Ci ha costretti a impegnarci per affrontare l’inaffrontabile, informarci prima di decidere, pensare prima di fare, rispettare le regole, prendere le misure.

Ci ha messo alla prova facendoci riconsiderare il nostro lavoro, essere più genitori dei nostri figli, tornare alle letture trascurate, alle passioni abbandonate.

Ci ha insegnato che si può desiderare di emigrare anche da nord a sud, che anche gli insegnanti possono avere qualcosa da imparare dagli studenti, perfino che l’ossigeno è più importante del fitness.

Di-stanza in stanza, chi in un attico e chi in un sottoscala, chi tornando ad amarsi e chi appena finisce tutto questo giuro che divorzio, chi cantando e applaudendo dai balconi e chi angosciandosi per i numeri dei morti che salgono e per i valori della borsa che scendono (speriamo in quest’ordine, prima il capitale umano), siamo tutti d’accordo: dopo questo virus niente sarà più come prima.

Quando ne usciremo nessuno ancora lo sa, per ora nemmeno i nostri avveniristici e infallibili algoritmi, ma sul come usciremo voglio tirarvi su e sposare la tesi della signora di Voghera: se facciamo quello che dobbiamo, con pragmatismo e altruismo, fidandoci di chi con impegno e abnegazione sta studiando per trovare la via per uscirne, diventeremo uomini migliori. Per certi versi un po’ (un po’) lo siamo già. Più consapevoli, più uniti anche se distanti, più capaci, più impegnati, forse addirittura (addirittura) più buoni e più vicini a chi soffre.

Economicamente invece lo sappiamo benissimo, ne usciremo con le ossa rotte, se non tutto molto sarà da rifare. Sarà un nuovo dopoguerra, con le inevitabili cicatrici e macerie che una calamità di questo genere si porta dietro, ma anche con una nuova forza collettiva, una voglia urgente di ricominciare, ricostruire, riabbracciare, le cause e le persone. E mai come ora c’è e ci sarà più bisogno di idee. Soluzioni nuove a problemi diversi delle persone, delle aziende, delle marche, del nuovo mecenatismo. Per noi non dovrebbe essere troppo difficile, in fondo cambiare prospettiva, vedere le cose in modo nuovo, trovare soluzioni che non ci sono ancora è quello che facciamo per mestiere.

P.s. Se invece dovesse avere ragione Woody (e sì, anche Darwin: specie avvisata, specie salvata), mal che vada resteremo stronzi come prima e ci estingueremo 🙂

Sofia Ambrosini