fav comodino.

Lucia Berlin: la donna che scriveva della vita ma ne aveva una sua.

fav comodino.

LuciaBerlin_2_Horizontal_Blog_Post_688_x_371pxHa scritto ma ha anche vissuto, Lucia Berlin. È stata insegnante, donna delle pulizie, centralinista, infermiera, ha avuto quattro figli da tre uomini diversi, ha abitato in camper, nella New York dei musicisti jazz, in una comune hippie a Berkeley. È stata ricchissima, poverissima, alcolizzata e infine sobria e seria professoressa universitaria. “Ma gli scrittori non erano parassiti di esistenze altrui, sfigati che passano il tempo chiusi in una stanza immaginando il mondo, raccontandolo solo per nostalgia e viltà?” – si domanda Elena Stancarelli. E Pirandello diceva: “La vita o la si vive o la si scrive”. Lucia Berlin invece ha vissuto, e nonostante questo ha scritto in maniera meravigliosa. Ha pubblicato per riviste e piccoli editori, e negli ultimi anni ha insegnato a Boulder, all’università del Colorado, adorata dai suoi allievi e dagli amici poeti ma sconosciuta alla maggior parte dei lettori. È morta nel 2004, a 68 anni, e l’anno scorso è diventata uno degli scrittori più importanti del novecento americano. Grazie all’amore e la passione di Stephen Emerson e Lydia Davis, che hanno voluto ostinatamente e poi curato “A manual of cleaning woman”, pubblicato da Farrar, Straus and Giroux. Quarantatré racconti, quarantatré piccoli capolavori. Il libro è stato coccolato dai critici e amatissimo dal pubblico, è entrato in tutte le classifiche dei libri più importanti del 2015. Esce adesso anche in Italia, per Bollati Boringhieri, con il titolo “La donna che scriveva racconti” (ah, gli uffici marketing… sicuramente parte l’idea è che sia un titolo migliore dell’originale e commercialmente più efficace – commenta sempre Elena Stancarelli – e ti pareva che non fosse colpa nostra – aggiungiamo noi). È un libro sontuoso, stracolmo di meraviglie, vale la pena tenerlo vicino al comodino e leggerlo lentamente, una storia ogni tanto. Centellinarlo, come una cosa buonissima. È una raccolta di storie, La donna che scriveva racconti, ma è soprattutto il romanzo di un’esistenza, con tutte le sue sfumature, le battaglie vinte e perse. Quasi sempre poeticamente perse, ma è proprio questa la potenza della scrittura di Lucia Berlin: la calda corrente di compassione che lega, per esempio, un vecchio indiano alto e alcolizzato e una giovane donna disperata, entrambi clienti della lavanderia a gettoni di Angel, a New York. Lucia Berlin era una donna molto bella, di cui tutti ricordano i magnifici occhi azzurri e la voce dolcissima. Nata in Alaska nel 1936 è cresciuta in un piccolo paese vicino alle miniere dove lavorava il padre. Durante la guerra Lucia, la sorella minore e la madre si traferiscono a El Paso, in Texas, dove viveva il nonno, noto dentista e alcolista. Di questo periodo, come di tutti gli altri, Lucia scrive. I suoi racconti non sono autobiografici in senso stretto, non c’è una voce narrante esattamente identica all’io dello scrittore. Sono minuscole avventure che hanno per protagonisti uomini e donne sprecati, magnifici e perduti, un’umanità vitale e stracciona che ama moltissimo e un po’ a caso, che non ha paura di perdere tutto. Sono gli altri, certo, ma somigliano a Lucia, la sorella, la madre, il marito, i suoi figli. Jeffrey Berlin, uno dei figli di Lucia, ha detto in un’intervista che leggere le storie di sua madre non l’ha mai messo a disagio, nonostante tutta quella incresciosa verità. Era piuttosto come mettere in ordine i ricordi, attraversare di nuovo tutto quello che avevano vissuto insieme, nel bene e nel male. Nel racconto Dottor H.A.Moyniahn Lucia Berlin scrive di un dentista alcolizzato che un giorno, dopo essersi ubriacato alla perfezione, si estrae da solo tutti i denti per poter indossare la dentiera che si era costruito. In Stelle e Santi la protagonista è una ragazzina costretta dalla scoliosi a portare un busto di ferro, temporaneamente invasata di cattolicesimo ma pronta a prendere a botte la più amorevole delle suore perché è arrabbiata con sua madre. Negli ultimi anni della sua vita Lucia Berlin dovette convivere con la bombola di ossigeno, imposta dal collasso di un polmone, conseguenza della scoliosi di cui aveva sofferto fin da bambina. Era una splendida conversatrice, Lucia, parlava molte lingue, amava il gossip e Cechov, ridere e vivere fino in fondo. Raccontò che per meriti artistici le avevano assegnato una borsa di studio, il NEA Grant. Con quei soldi era andata a Parigi, si era divertita, ubriacata, strafatta e non aveva scritto una riga. Poi aveva mandato una lettera al comitato per ringraziarli e rendere loro conto di quello che aveva fatto col loro denaro: di tutto, tranne scrivere. La possibilità che le assegnassero altri premi era diventata abbastanza remota. Dopo il periodo trascorso in Texas da bambina, al ritorno del padre Lucia Berlin di trasferisce a Santiago del Cile con tutta la famiglia. E diventa una giovane ereditiera, frequenta il jet set, permette al principe Ali Khan di accenderle la prima sigaretta. Ma in quel periodo sua madre inizia a bere pesantemente, a passare le sue giornate a letto. Lo racconta più avanti, nelle storie che riguardano la sorella malata di cancro. Che morì nel 1992 a Città del Messico. Lucia la assistette per due anni. I racconti di queste due donne adulte, che fanno i conti col passato, non rinunciano alla seduzione tra una seduta di chemio e l’altra e si amano ferocemente, sono magnifici. Fool to cry, per esempio, dove scorre una gran quantità di amore esagerato, sgangherato, commovente. Lucia Berlin non si fa sconti, non cancella i momenti in cui i figli, esausti, le tolgono i soldi, le nascondono le bottiglie, le mostrano tutto il disprezzo che si può provare verso chi non può fare a meno di bere. Molti racconti parlano di disintossicazioni, alcune di vacanze lussuose, altri di vita e basta. Gli scrittori sono come le cozze, si attaccano a qualcosa di solido e si nutrono di sporcizia, ingoiano e risputano, digeriscono e restituiscono acqua pulita. E pazienza se la lordura rimane loro dentro: quello che conta è sempre e soltanto scrivere buoni libri.