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Serra con ciclamini, di Rebecca West.

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Goering2Meschini ancor più che criminali, la miseria dei nazisti a Norimberga.

Il resoconto del processo scritto da Rebecca West e i suoi acuti ritratti dei protagonisti: «Göring, quando era di buon umore, faceva pensare alla maîtresse di un bordello».

(Di Corrado Stajano)

Sulle panche del processo di Norimberga ai criminali di guerra nazisti, 69 anni fa, Hermann Göring, «quando era di buon umore, faceva pensare alla maîtresse di un bordello. Tipi così possono vedersi a fine mattinata lungo le ripide strade di Marsiglia, in piedi sulla soglia delle case (…) coi loro grassi gatti a strofinarglisi contro le sottane aperte». Rudolf Hess «era così evidentemente pazzo che sembrava una vergogna processarlo. (…) Aveva l’aria caratteristica degli ospiti dei manicomi, di non appartenere a una classe sociale precisa». Julius Streicher, uno dei più feroci persecutori degli ebrei, «era commiserevole, perché (doveva pensare) responsabile dei suoi peccati era chiaramente la comunità, e non lui. Era un vecchio sporcaccione del tipo che molesta nei parchi». Baldur von Schirach, il capo della gioventù hitleriana, «era come se lì sedesse una linda e scialba governante, non graziosa, ma senza mai un capello fuori posto, di quelle che quando ci sono visite si fanno silenziosamente da parte». Albert Speer, poi, l’architetto di Hitler, «nero come una scimmia» e, con lui, gli altri – in tutto gli imputati erano ventuno – i grand’ammiragli Erich Raeder e Karl Dönitz, il ministro degli Esteri Joachim von Ribbentrop, che salì per primo sul patibolo nella camera delle esecuzioni della prigione di Norimberga all’1.11 della notte del 16 ottobre 1946, seguito a brevi intervalli dagli altri nove condannati a morte, tra cui il feldmaresciallo Wilhelm Keitel, Alfred Rosenberg, Hans Frank e il generale Alfred Jodl che il 7 maggio 1945 aveva firmato la resa incondizionata ai generali delle potenze vincitrici.

Rebecca West, scrittrice inglese (1892-1983) scrisse questi ritrattini in un famoso reportage sul processo di Norimberga uscito allora sul «New Yorker», pubblicato ora per la prima volta in Italia in un volume di Skira, Serra con ciclamini (pagine 167, 16 euro): protagonista del libro non è soltanto il processo e in particolare i suoi ultimi giorni, ma anche l’ambiente e i giudici del tribunale internazionale, i giornalisti, la città, il Terzo Reich sconfitto, la Germania anno zero che Roberto Rossellini racconterà in un film memorabile. La West, che «Time» giudicò un po’ enfaticamente «la migliore scrittrice del mondo», tornò in seguito in Germania, nel 1949 e nel 1954, e registrò la rinascita economica del Paese, la Berlino sotto tutela dei vincitori, non nascondendo il suo astio per i russi che la portò poi ad avallare le furie maccartiste del dopoguerra americano.

La rappresentazione del processo, avvolto in un alone di morte, è il suo capolavoro. Più scrittrice che giornalista. I suoi giudizi sui capi nazisti sono piccoli cammei d’autore. Forse sbagliò, Rebecca West, nel raffigurare Göring: non era soltanto «la maîtresse di un bordello», era un uomo che fino all’ultimo credeva di non aver perso il potere del comando, ma che due ore prima di finire nelle mani del boia si liberò del fardello ridanciano della paura e inghiottì il veleno di una fiala introdotta nella cella, come il suo Führer e come il suo rivale nella successione, Heinrich Himmler.

È forse più ironica e lieve che pietosa, l’autrice, non è moralista, non ripercorre nei suoi scritti le atrocità dei nazisti, quel che fecero agli ebrei, agli uomini di sinistra, ai dissidenti religiosi, agli omosessuali, agli zingari, a mezza Europa. Dà per scontato che i delitti andavano puniti, che la guerra di aggressione era compresa come crimine già nel Patto Briand-Kellogg del 1928, non discute la legittimità di un processo fatto dai vincitori ai vinti. È cavallerescamente oggettiva: «Va detto, scrive, che tra loro non ci fu un solo codardo. Persino Ribbentrop, che dal terrore era bianco come un cencio, mostrò una dura dignità».

Non ha, Rebecca West, lo stile rigido di Hannah Arendt che nel suo La banalità del male descrive da storica e da filosofa qual era la figura di Adolf Eichmann: «Un ometto, non il diavolo sterminatore». Rebecca West è soprattutto una romanziera ( Il ritorno del soldato , La famiglia Aubrey ), è attenta ai particolari minuti, la vita le interessa più della politica. Basta, per farlo capire, il titolo bizzarro del suo libro. Con gli altri giornalisti era stata alloggiata in una villa con un gran parco e una serra. Dove lavorava – lo aiutava una bambina – un uomo con una gamba sola, l’altra l’aveva persa in Russia. Aveva saputo del processo, aveva chiesto al padrone dello Schloss , il castello, di poter far rifiorire la serra abbandonata. Fece nascere gigli scarlatti, primule, ciclamini bellissimi coi fiori simili a farfalle, i petali simili ad ali. Li vendeva agli ufficiali americani, inglesi, francesi. Fu rattristato davvero quando il processo finì. Per lui fu quella la caduta degli dei.